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Il Cyberbullismo: guida per genitori e vittime

Il Cyberbullismo: guida per genitori e vittime

 Cos’è il Cyberbullismo?

Il cyberbullismo comprende una vasta gamma di attività offensive, moleste e diffamatorie condotte attraverso strumenti telematici. Le diverse forme possono includere l’invio di messaggi offensivi, la pubblicazione di immagini imbarazzanti, l’usurpazione dell’identità e molto altro. Questi atti possono avere gravi conseguenze sulla vittima, sia a livello emotivo che reputazionale. E’ importante che la vittima denunci il fatto poiché il comportamento del bullo potrebbe avere importanti conseguenze sia in campo civile che penale. Facciamo un dovuto cenno alle diverse forma di bullismo:

  • Flaming: il bullo invia messaggi offensivi e denigratori nei confronti di un soggetto determinato (la vittima)
  • Cyber-stalking: (o happy slapping): minacce ed offese, finalizzate a spaventare la vittima
  • Cyber-bashing: il bullo riprende atti violenti per mezzo di smartphone e poi postati su internet
  • Name Calling: il bullo pubblica pettegolezzi o immagini imbarazzanti sulla vittima, danneggiando la reputazione e i rapporti sociali
  • Sostituzione dell’identità:  viola la password di una persona e, fingendosi lei, invia per esempio messaggi malevoli ai contatti della vittima, rovinando l’immagine abituale della vittima
  • Outing: il bullo rivela informazioni personali e riservate riguardanti una persona (la vittima)
  • Trickery: si spinge la vittima, attraverso l’inganno, a rivelare informazioni spiacevoli e private per renderle successivamente pubbliche in rete
  • Harassment: il bullo invia in modo reiterato messaggi offensivi e molesti per creare imbarazzo nella vittima
  • Exclusion: si esclude intenzionalmente una vittima da un gruppo on-line.
  • Impersonation: il bullo si finge un’altra persona così da poter spedire messaggi o foto, senza farsi riconoscere.

Una Mamma Disperata: Un Caso di Cyberbullismo

Da qualche tempo, mio figlio che ha undici anni non è più lo stesso. Mi hanno chiamato da scuola dicendomi che il suo rendimento è calato inspiegabilmente e che tende a isolarsi dagli altri compagni. Di notte si sveglia spesso, ha poco appetito, si isola e se gli chiedo come sta, mi risponde in malo modo e si rinchiude nella sua stanza. Quando cammina per casa, ha sempre il cellulare in mano e attorno a lui, prepotente, impera un silenzio che lo rende imperscrutabile. Non sapendo cosa fare, disperata, mi sono rivolta a qualche mamma della classe, chiedendo di indagare, attraverso i loro figli, per capire se sapessero qualcosa. 

Così, una mamma mi ha riferito che leggendo la chat del gruppo della classe ha trovato messaggi di offesa e schernimento nei confronti di mio figlio. Dopo essere riuscita a vedere la chat ho scoperto che due / tre ragazzini si sono accaniti contro mio figlio, offendendolo e minacciandolo perché non avrebbe mantenuto fede alla sua parola, poiché non si era offerto per l’interrogazione di storia, contrariamente all’impegno precedentemente preso con i suoi compagni di classe. Oltre a schernirlo e promettere vendetta, nella chat hanno pubblicato foto imbarazzanti di mio figlio. Con mio figlio non riesco a parlarne, è diventato muto nel vero senso della parola e così credo non avrò altra scelta che rivolgermi ad uno psicologo. 

Tuttavia, non riesco a darmi pace e vorrei che chi è responsabile di questa situazione sia punito. Cosa posso fare? C’è qualcuno che dovrà rispondere per tutto il male che abbiamo ricevuto e anche per l’impatto economico che le sedute dello specialista avranno sul nostro conto corrente?

Ai fini dell’individuazione del reato, prendiamo in considerazione l’articolo 595 del Codice Penale che punisce anche con la reclusione, chiunque – comunicando con più persone – offende l’altrui reputazione. Il predetto articolo precisa inoltre che se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato o avviene a mezzo stampa, la pena è aumentata. Considerato che la vittima è stato anche minacciato all’interno della conversazione WhatsApp, è opportuno riprendere anche l’articolo 612 del codice penale, che punisce chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno. Nel caso qui prospettato, il figlio della signora è stato preso di mira all’interno di una chat WhatsApp e nei suoi confronti sono state utilizzate espressioni minatorie, offensive e denigratorie, pertanto sono configurabili i reati di cui agli articoli 595 e 612 del codice penale, con conseguente applicazione di quanto sopra narrato.

Responsabilità Penale per il Cyberbullismo

In Italia, il cyberbullismo può essere perseguito penalmente in base a diversi articoli del Codice Penale. L’articolo 595 punisce chiunque offenda l’altrui reputazione, con una pena aumentata se l’offesa è commessa a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità. L’articolo 612 punisce le minacce ingiuste, mentre l’articolo 617 prevede sanzioni per l’intercettazione illecita di comunicazioni. Per i minori, la responsabilità penale è regolata dall’articolo 97 del Codice Penale, che stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilità per chi non ha compiuto 14 anni e una valutazione caso per caso per chi ha un’età compresa tra 14 e 17 anni.

Responsabilità Civile per il Cyberbullismo

Oltre alle sanzioni penali, il cyberbullismo può anche comportare responsabilità civile. L’articolo 2043 del Codice Civile stabilisce che chiunque cagioni un danno ingiusto ad altra persona è tenuto a risarcirlo. I genitori possono essere ritenuti responsabili dei danni causati dai figli minori in base all’articolo 2048. Inoltre, il Codice della Privacy (D. Lgs n. 196/2003) offre ulteriori protezioni contro la divulgazione non autorizzata di informazioni personali, con possibilità di risarcimento per violazioni.

L’imputabilità e il Reato di Diffamazione 

Per essere considerato imputabile, un individuo deve avere la capacità di intendere e di volere al momento della commissione del fatto. Capacità d’intendere: si intende la capacità di rendersi conto della realtà e del valore sociale delle proprie azioni, oltre che delle relative conseguenze; Capacità di volere: si intende la capacità di autodeterminarsi e di esercitare un controllo sui propri stimoli e le proprie azioni. La legge italiana considera l’imputabilità in relazione all’età anagrafica, suddividendo gli individui in tre categorie:

  1. Età anagrafica maggiore di 18 anni: La legge presume che gli individui di età superiore ai 18 anni abbiano la capacità di intendere e di volere, e quindi siano pienamente imputabili. Se un maggiorenne è accusato di diffamazione online, sarà considerato responsabile a meno che non possa dimostrare di non avere la capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

  2. Età anagrafica minore di 14 anni: L’articolo 97 del Codice Penale stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilità per chi non ha compiuto 14 anni. Ciò significa che un minore di questa età non può essere ritenuto penalmente responsabile, anche se ha commesso un atto di cyberbullismo. Tuttavia, possono essere applicate misure rieducative per correggere il comportamento.

  3. Età anagrafica tra i 14 e i 17 anni: In questo caso, non c’è una presunzione né di imputabilità né di non imputabilità. La capacità di intendere e di volere del minore deve essere valutata caso per caso, considerando la situazione psichica del soggetto al momento del reato. Se un minore in questa fascia d’età è accusato di diffamazione online, il Tribunale dei Minori sarà competente per valutare la sua imputabilità..

Quando è possibile ottenere il risarcimento?

Il risarcimento per il cyberbullismo è una questione legale complessa che coinvolge diverse leggi e regolamenti in Italia. Secondo l’articolo 2043 del Codice Civile, chiunque cagioni un danno ingiusto ad altra persona è tenuto a risarcirlo. Questo principio può essere applicato ai casi di cyberbullismo, dove la vittima ha subito danni a causa delle azioni offensive o moleste di un’altra persona online. Inoltre, il Codice della Privacy (D. Lgs n. 196/2003) offre protezioni specifiche contro la divulgazione non autorizzata di informazioni personali, compresi messaggi e video offensivi. Le vittime di cyberbullismo possono rivolgersi al Tribunale competente o all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, che offre una sezione dedicata al cyberbullismo sul suo sito web.

Conclusioni sul caso di cyberbullismo 

Gli atti di cyberbullismo non devono rimanere nascosti e secretati nell’animo della vittima e dei suoi famigliari, ma al contrario sarà opportuno rivolgersi alle persone competenti che potranno aiutare la vittima ad affrontare e superare il problema, ricorrendo anche, laddove vi siano i presupposti presso le Competenti Sedi per ottenere la riparazione del danno ingiusto subito.