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Videosorveglianza sul lavoro. Evitare sanzioni

Videosorveglianza sul lavoro. Evitare sanzioni

Videosorveglianza sul lavoro: è necessario l’accordo sindacale

Hai un’attività con dipendenti? Anche se i lavoratori prestano il consenso per l’apposizione delle telecamere per la videosorveglianza, devi comunque ottenere l’autorizzazione del Sindacato o dell’Ispettorato del lavoro prima dell’installazione. I consigli dell’Avv. Stefania Perillo, civilista a Rho e a Milano, per evitare di incorrere in multe o sanzioni.

Necessità di installare telecamere sul posto di lavoro

Hai un’attività con dipendenti e hai la necessità di installare le telecamere sul posto di lavoro per tutelare l’azienda da possibili pericoli o malintenzionati (cosiddetto controlli difensivi), oppure ti sono necessarie per esigenze produttive e organizzative? Dovrai chiedere – e ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. “Proprio così” afferma l’Avv. Stefania Perillo. “Con la recente sentenza n. 50919 del 2019, la Corte di Cassazione ha precisato come sia sempre e comunque necessario ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro competente o del Sindacato, qualora si installi un impianto di videosorveglianza sul luogo di lavoro.”

Perché è necessario questo passaggio?

“Per un semplice motivo. trattandosi di diritto alla privacy e di tutela di interessi collettivi e superindividuali, il legislatore preferisce sottrarre tali garanzie alla libera e autonoma disposizione del singolo lavoratore” Non è sufficiente aver ottenuto a posteriori il consenso dei lavoratori anche se si tratti di singolo consenso scritto portato da ciascun interessato. “La Suprema Corte ha voluto tutelare il lavoratore e la sua posizione di soggezione, rimandando a una interpretazione restrittiva dell’articolo 4 dello Statuto del Lavoratori (Legge 300/1970)”.

L’orientamento vuole tutelare i lavoratori

Questo orientamento tiene indubbiamente conto dell’indiscutibile forza economico-sociale del datore di lavoro rispetto a quella del lavoratore. Appare chiaro inoltre come il controllo a distanza dell’attività del lavoratore, produca di fatto l’oggettiva lesione di interessi collettivi. Non solo. “La disuguaglianza tra le due posizioni potrebbe paradossalmente comportare una procedura interna dell’azienda che proponga di firmare all’atto di assunzione una dichiarazione con la quale il lavoratore accetta l’introduzione di qualsivoglia tecnologia di controllo” “Chiaro come in questo caso, l’assenso potrebbe essere viziato dal timore che, in caso di rifiuto alla sottoscrizione, la conseguenza sarebbe la mancata assunzione”. Diventa quindi necessario ottenere una tutela collettiva che vada oltre il singolo.

Sorveglianza sul lavoro: è necessario munirsi delle autorizzazioni dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori

“Secondo questo orientamento solo gli organi preposti potranno valutare se vi sia un’idoneità a ledere la dignità dei dipendenti e se vi sia effettiva rispondenza degli impianti alle esigenze tecnico – produttive o di sicurezza dell’azienda” “Nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, il giorno successivo a quello in cui fu constatata la presenza dell’impianto di sorveglianza, il Datore di Lavoro aveva inviato all’ Ispettorato competente una dichiarazione sottoscritta da tutti i dipendenti, in cui veniva dichiarato l’assenso di questi ultimi alla presenza di tale impianto.”

Detto assenso però, rimarca la Corte, vale solo ai fini dell’articolo 50 del codice penale, che sancisce la non punibilità di chi lede o pone in pericolo un diritto altrui, qualora ne abbia ricevuto il consenso. “Pertanto, prima di apporre qualsiasi sistema di sorveglianza il Datore di Lavoro non avrà altra scelta che munirsi delle autorizzazioni richieste dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Chiaramente non è compresa nell’ipotesi di cui sopra, la registrazione degli accessi e delle presenze del personale.”